Gli umili natali non gli hanno impedito
di far fortuna e oggi, smessi i modesti
panni paesani (ma senza aver perso
il suo olezzo pungente), frequenta
prevalentemente ambienti di un certo
tono e ristoranti esclusivi. A Bologna
se lo contendono. A Milano è
quasi un mito. Si sta parlando, naturalmente,
del "formaggio di fossa",
nelle due sole versioni "autografe":
quella, più tradizionale e
nota, di Sogliano e quella, più
recente, di Talamello.
Il "formaggio di fossa"
- com'è arcinoto - è
formaggio preferibilmente "misto",
cioè di latte vaccino e di
pecora, stagionato per circa tre mesi
nelle cosiddette "fosse".
Le quattro "fosse" principali
di Sogliano sono antichi depositi
granari (d'età malatestiana,
si pensa) scavati nel tufo. Sono di
forma ovale e sono alti tre metri
e larghi due. Le "fosse"
di Talamello sono di dimensioni più
ridotte e di fattura più rozza.
Le forme, chiuse in sacchi di tela
bianca (si consigliano le vecchie
federe dei cuscini), sono sepolte
alla fine d'agosto e riesumate alla
fine di novembre. A Sogliano il giorno
canonico della riapertura delle fosse
è il 24 novembre, vigilia della
fiera di Santa Caterina.
Le fosse garantiscono una temperatura
costante di 21 gradi, un'umidità
vicina al cento per cento e un'aerazione
minima. Fermentando in queste specialissime
condizioni, il formaggio matura una
pasta, un gusto e un profumo del tutto
particolari, con venature amarognole
e fragranze di sottobosco, di fungo,
di tartufo. Per soprammercato acquista
anche un'elevata digeribilità.
Il formaggio di fossa non ha la piatta
uniformità del prodotto industriale:
il che, beninteso, ne accresce l'interesse
gastronomico. Quello di Talamello
ha un sapore e un profumo meno intensi
di quello di Sogliano. Ma neppure
il formaggio di Sogliano è
tutto uguale. Al contrario. La qualità
del formaggio infossato, il grado
di maturazione, la profondità
dello stivaggio e la fossa stessa
producono un ampio spettro di sapori
e afrori, dal violento al delicato.
Per i gusti più disparati.
Eppure è tutto autentico, inequivocabile
"formaggio di fossa": chi
ha un minimo di naso e di palato lo
distingue al volo. Quando e perchè
nasce il formaggio di fossa? La documentazione
storica, purtroppo, non ci soccorre.
Escluderemmo tranquillamente origini
arcaiche (la famigerata "notte
dei tempi") e motivazioni rituali.
Nessuna persona ragionevole seppellisce
il formaggio per compiere un cerimoniale
inumatorio. E' egualmente improbabile
che, in origine, abbiano prevalso
quelle ragioni gastronomiche che avrebbero
poi decretato la fortuna del formaggio
di fossa.
L'infossamento è innanzi tutto
una tecnica di conservazione. I nostri
bisnonni di Sogliano e Talamello (una
zona con venerande tradizioni di allevamento)
avranno dovuto fare i conti con una
sovrapproduzione estiva di formaggio,
eccedente il consumo immediato. Di
qui la necessità di conservarlo
per l'inverno, scongiurando un eccessivo
rinsecchimento. Avranno quindi pensato,
ragionevolmente, di chiuderlo nelle
fosse granarie. Avranno così
constatato che non solo si manteneva
perfettamente, ma guadagnava in bontà.
Era la soluzione giusta. La tecnica
di infossamento è stata in
seguito perfezionata e tramandata
fino a noi. Ma solo in tempi recenti
(in questo secolo, diciamo) la ragion
gastronomica ha prevalso sulla ragion
pratica.
Buttare là delle date è
sicuramente un azzardo. Si può
supporre - per analogie con le tecniche
casearie di altre località
- che si infossi da circa trecento
anni. Mentre a Sogliano la tradizione
non ha conosciuto lunghe interruzioni
(il peso del formaggio è tuttora
misurato in libbre, anzichè
in chilogrammi), a Talamello è
stata recuperata, sulla base dei ricordi
dei più vecchi, solo da qualche
anno.